Good Life

09.05.2017

Non chiamateli pantaloni, per carità. E nemmeno calze, non se lo meritano. I leggings, quelli che negli anni ottanta erano noti con il nome ormai anacronistico di ‘fuseaux’, sono diventati i principini del guardaroba di ogni donna: non scalfiscono il primato dei jeans, ma poco ci manca, tanto sono comodi e versatili.

Ma l’insidia è dietro l’angolo, dato che i leggings non basta metterli, vanno portati, indossati nel senso più ‘gentile’ del termine e, in questo senso, sono probabilmente il capo d’abbigliamento più razzista che ci sia.

Già, perché non accettano compromessi, non passano sopra ad alcuna imperfezione, nemmeno al più piccolo avvallamento adiposo, non ammettono sviste e -a meno che non si tratti dei tessuti miracolosi che camuffano i cedimenti strutturali – non scontano a nessuna l’azzardo di aver osato fasciare cosce e polpacci con quella semplice guaina, che sconfessa, impietosa, l’allergia allo sport e anche qualche bombolone fritto di troppo.

Ma tant’è, ‘quando è moda è moda’ cantava profetico il grande Giorgio Gaber, e se democrazia globale deve essere, che sia tale per tutti e tutto, anche in fatto di costumi e abbigliamento, purché buon senso ci sia e voglia seguire il consiglio di abbinare nel modo giusto l’indumento in questione, per appianare, quantomeno, degli esiti visivi non proprio esaltanti.

– Coprire il lato b. Anche per le magre, quelle toniche e snelle, vale la regola di non ostentare le natiche scolpite con la scusa del ‘tanto sono i pantaloni’, perché, -repetita iuvant-, non sono comuni pantaloni e non hanno nè cuciture né tasche che possano camuffare eventuali difetti o imperfezioni. Una maglia, una camicia, anche un vestitino vanno bene, dunque, qualsiasi cosa: basta che sia abbastanza avvolgente.

– Sobrietà. Se si scelgono i modelli luccicanti, dorati o argentati tanto in voga nel periodo natalizio, abbinare sempre una maglia monocolore, morigerata nella sua vezzosità, per evitare l’effetto catarifrangente di un paletto stradale.

– Occhio alle fantasie. Furbizia, questo ci vuole, scaltrezza vera. Per evitare ‘l’effetto insaccato’, optare per le righe verticali, a strisce sottili, che confondono lo sguardo e allungano un tantino in più, mentre per quelle orizzontali quando le gambe sono troppo magre e hanno bisogno di un po’ di volume. I fiori, poi, meglio se si tratta di piccoli boccioli quando le ‘zampe’ non sono quelle di una gazzella, così come i quadri, che sono da evitare quando la dilatazione sia tale da renderli parallelepipedi o astruse figure geometriche. Per tutte, sì alle micro fantasie che aiutano sempre, oltre ad essere decisamente più moderate nella loro eleganza.

– Evviva il nero! Sarà anche il colore delle prefiche, ma resta sempre quello caldamente suggerito a tutte coloro che vogliano godere della praticità di un capo che, al di là di ogni diktat, è la variante ‘fashion’ della confortevole tuta casalinga.

In collaborazione con:

 romatoday